Con le parole di Erik Balaz, ambientalista slovacco, e le immagini di Bruno D'Amicis, a parer mio il più promettente professionista italiano del settore assieme all'ormai affermato Stefano Unterthiner, il libro (240 pagg., testo in inglese, 29 euro, scheda con anteprima qui) è dedicato alla scoperta e alle ragioni della tutela di un angolo selvaggio d'Europa: la valle di Ticha, sugli Alti Tatra in Slovacchia, luogo di difficile accesso e per questo custode di una biodiversità da primato che ha la sua indiscussa prima attrazione in una cospicua popolazione di orsi bruni.
E' un libro onesto, ruvido, vero. Leggendolo sembra quasi di sentire la salita che ti toglie il respiro sul sentiero, quando c'è. Sembra di rabbrividire nell'inverno minerale che ghiaccia i pascoli dei camosci, di ascoltare il vento che spazza il crinale aldilà del quale - col tele in mano e il fiato corto - sei affacciato a spiare i cervi che fanno il bagno in una pozza. E sembra di osservare al binocolo l'orsa che sdraiata sul dorso allatta i suoi cuccioli, ritratto personale di Bruno alla pura wilderness. Un paradiso, questo di Ticha, che conserva quella certa idea di Europa che va salvata ad ogni costo e che come le altre Ticha - mi vengono in mente Orsomarso e Sarek su tutte - racchiude i nostri sogni di naturalisti. Ma c'è dell'altro.
Fotografia naturalistica, editoria di settore (mesto plauso, comunque, ai superstiti), persino certo ambientalismo di questo Paese, sembrano tutti allegramente avviati - a me pare - verso un futuro ormai iniziato che dispensa a piene mani natura su richiesta ed a pronta consegna, relegando emozioni & verità nel baule dei ricordi. Non si tratta di criticare gli zoo più o meno imbellettati o i capanni con esca o gli appuntamenti con animali imprintati, che anche io ho promosso e frequentato divertendomi (la stessa foto di sfondo a questa pagina viene da lì, come la riprendi altrimenti un'aquila di mare riflessa in una pozza??), quanto di segnare con nettezza ed onestà il confine di tali attività: di destinarle alla promozione economica delle comunità locali (spesso in aree marginali) e alla dimensione ludica degli utenti (quasi sempre provenienti dalla città), segnando però in rosso il confine che le separa dalla vera fotografia naturalistica. Quella ricerca fatta di indizi e buchi nell'acqua, dettagli, senso artistico, foto mancate, spirito del luogo.
Insomma di qua il commercio e di là il fango e la pioggia (The last stronghold, ma della foto di natura) e sì, bellezza, ti si bagna l'attrezzatura. E grazie dei libri-websites-forum-workshop-Mi piace coi primi piani della volpe della Valnontey, dell'allocco di Lapponia in caccia telecomandata sulla neve e degli orsi by Finland, dell'aquila reale sul ramo contorto e di quella di mare in posa plastica mentre artiglia pesci by Norway. Grazie. Ma abbiamo già dato.